Una riflessione del Presidente Beniamino A. Piccone per Momento Finanza, il tema è quello delle aziende alimentari italiane leader che devono crescere sempre più.
Nel settore alimentare l’Italia ha un player importante, Barilla, leader nel settore della pasta e dei biscotti col marchio Mulino Bianco. Barilla ha sede a Parma, è stata fondata nel 1877 quando Pietro Barilla aprì una bottega di pasta e pane. A distanza di 124 anni, oggi Barilla fattura nell’intorno di 3,7 miliardi di euro.
Nel gennaio scorso Barilla ha compiuto un’acquisizione nel Regno Unito, comprando la maggioranza di Pasta Evangelists, premium brand inglese specializzato nella produzione e distribuzione digitali di pasta fresca e sughi di alta qualità.
Oggi il comparto estero rappresenta oltre il 55% del fatturato complessivo di Barilla. Decisamente troppo poco. Solitamente le “multinazionali tascabili” – i gioielli internazionali dell’economia italiana – hanno solitamente le esportazioni oltre l’80% del fatturato. Inoltre, considerando anche lo sviluppo considerevole del mercato della pasta fresca, le possibilità di espansione esistono.
Dopo l’acquisto di Wasa nel 1999 – marchio leader nei pani croccanti in Nord Europa – e di Harrys – azienda che opera nei pani soffici in Francia – nel 2018 Barilla ha annunciato 1 miliardo di euro di investimenti nei successivi cinque anni, 40% dei quali, quindi ben 400 milioni, a supportare l’innovazione e la crescita geografica.
E’ assolutamente vitale che aziende come Barilla – simbolo del Made in Italy – intraprendano una maggiore espansione internazionale. Secondo una ricerca di PWC, nel 2020 le acquisizioni e fusioni sono cresciute a livello mondiale del 36%, per un totale di 110 miliardi di dollari, mentre in Italia sono state pari a 1 miliardo.
Barilla, purtroppo, non ha mai creduto nel mercato dei capitali e nella quotazione in Borsa come volano di crescita. E’ un vero peccato perché il mercato finanziario consente alle imprese di raccogliere le risorse finanziarie necessarie al piano di sviluppo. La famiglia Barilla potrebbe prendere esempio dal fondatore di Technogym Nerio Alessandri che ha mantenuto il controllo dell’azienda – quotata sul listino di Milano – pur riducendo la percentuale di possesso azionario.
Se Barilla decidesse di quotarsi, potrebbe conseguire diversi vantaggi:
- Le operazioni straordinarie sono molto più semplici da realizzare, potendo offrire in cambio «carta» quotata dal valore immediatamente riscontrabile. La formidabile crescita del Gruppo Davide Campari è emblematica. Quotata nel 2001, la società ha realizzato una serie di acquisizioni – cui è seguita una execution perfetta – che l’hanno portata a capitalizzare oggi oltre 19 miliardi di euro.
- Si valorizzerebbe la trasparenza dei conti e dei bilanci. La credibilità dei bilanci certificati rende più basse le possibilità di frode; la contabilità direzionale migliora i processi di gestione e gli interventi in corsa durante l’anno.
- Si migliora lo standing creditizio goduto dall’impresa; il costo del denaro si abbassa. Le istituzioni finanziarie apprezzano la quotazione e migliorano il rating dell’azienda, anche per la maggior reliability dei bilanci.
- La quotazione è un modo per conferire notorietà e visibilità al brand ed è di grande aiuto nelle operazioni commerciali all’estero.
Per concludere, gli imprenditori italiani dovrebbero evolvere superando le diffidenze nei confronti del mercato finanziario. Così facendo, si darebbero uno strumento in più per crescere in modo sostenibile.
https://www.momentofinanza.it/barilla-deve-spingere-sulla-crescita-internazionale/
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