16-2-22
Una riflessione scritta dal Presidente Beniamino A. Piccone per The Social Post.
Inizia il conto alla rovescia verso le prossime elezioni politiche del 2023: quale sistema elettorale conviene adottare? E quale sarebbe meglio per i partiti italiani? La questione è complessa.
La ri-elezione di Sergio Mattarella, invece di semplificare il quadro politico, ha creato uno sconquasso tra i partiti, i quali devono decidere come presentarsi alle elezioni previste per il prossimo anno, quando si esaurirà questa legislatura. Le domande chiave sono le seguenti: Salvini e la Meloni si presenteranno insieme? Il Partito Democratico manterrà l’accordo di coalizione col Movimento 5 Stelle? Il centrodestra e il centrosinistra rimarranno in piedi oppure ognuno andrà per la propria strada?
Elezioni 2023: quale sistema elettorale bisognerebbe scegliere?
Premettiamo che i sistemi elettorali possono essere proporzionali o maggioritari.
Mentre col proporzionale i seggi si assegnano proporzionalmente ai voti presi, nel maggioritario si tende a premiare i partiti o le coalizioni più forti (la logica è favorire la governabilità). Quello che dovremmo auspicare è un sistema elettorale chiaro, semplice, comprensibile ai cittadini. Spesso non succede, le regole sono astruse, tali da aumentare ulteriormente la sfiducia verso i partiti. Come ha scritto con ironia Sebastiano Messina, “la differenza tra maggioritario e proporzionale è piuttosto semplice: il maggioritario serve quando speri di vincere le prossime elezioni, il proporzionale quando temi che le vinca qualcun altro”.
I professori della Bocconi Tito Boeri e Roberto Perotti vorrebbero che qualsiasi cambiamento della legge elettorale entri in vigore cinque anni dopo l’approvazione, così da scoraggiare proposte a proprio immediato vantaggio.
A seconda delle decisioni prese dai partiti, cambierà completamente la campagna elettorale. Perchè con l’attuale sistema elettorale – il Rosatellum, le cui regole prevedono un sistema misto (elezione di un terzo dei parlamentari in collegi uninominali e due terzi con sistema proporzionale di lista) – destra e sinistra sono costrette a stare unite per non disperdere voti.
Se permarrà un po’ di maggioritario, sarà difficile che il panorama politico cambi: le coalizioni concorderanno un programma unico e chiederanno il voto ai cittadini sulla base di quello. Se viceversa i partiti si accorderanno per un sistema proporzionale, significa che le maggioranze si formeranno a valle del risultato elettorale. E quindi liberi tutti. Tutti possono allearsi con tutti.
Proporzionale o maggioritario, cosa conviene ai partiti
Nel Paese dello status quo, pensare di cambiare le regole del gioco potrebbe rivelarsi illusorio.
Chi si avvantaggerebbe di un cambiamento? Sicuramente lo schieramento riformista, di destra e sinistra, che potrebbe far valere la forza delle idee pacate, dei contenuti, della serietà, contro le urla sguaiate dei populismi e delle forze anti-europee. Il governo guidato da Mario Draghi ha di fatto commissariato la politica, che cerca una rivincita. L’abbiamo visto in occasione dell’elezione del presidente della Repubblica: il candidato migliore in assoluto, Mario Draghi, come tutti i primi della classe, non è mai entrato in gara. Faceva paura una persona seria per sette anni a bloccare i progetti insulsi dei protagonisti del bi-populismo.
A sinistra alcune frange del Pd spingono per abbandonare l’alleanza con i 5 Stelle, imprevedibili, disomogenei e pronti a spaccarsi in due con Luigi di Maio da una parte e Giuseppe Conte dall’altra. L’ex presidente del Consiglio ha appena incassato una cocente sconfitta sul suo campo di supposta conoscenza: il diritto. Infatti il Tribunale di Napoli ha invalidato la sua elezione nell’agosto 2021 in quanto non riscontrabili i quorum previsti nello Statuto, riscritto dallo stesso professor Conte. Una figura barbina che priva il Movimento 5 Stelle di un leader riconosciuto e legittimato.
A destra la situazione non è migliore: Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, in testa nei sondaggi, permane all’opposizione del governo Draghi, mentre la Lega guidata da Matteo Salvini è alleata con Forza Italia e Silvio Berlusconi, e sostiene Draghi.
Legge elettorale, soglia di sbarramento e il rischio di ingovernabilità
Uno dei maggiori esperti di sistemi elettorali, Roberto D’Alimonte, ha evidenziato che una legge proporzionale con una bassa soglia di sbarramento (sotto il 4%) renderebbe il Parlamento ingovernabile, una costante nella storia italiana, che ha visto un numero di cambi di governo mostruoso. Mentre in Francia e Germania i leader governano per decenni – pensiamo solo ad Angela Merkel – da noi i governi cadono come fossero belle statuine.
A chi conviene cambiare? Secondo D’Alimonte il proporzionale non conviene assolutamente alla Meloni, mentre conviene ai 5Stelle e ai piccoli partiti, siano di centro che di sinistra come Leu (Liberi e Uguali, compagine in cui milita l’attuale ministro della Salute Roberto Speranza, ndr).
Il Pd è spaccato, il segretario Enrico Letta vorrebbe rafforzare il maggioritario, ma diverse correnti interne spingono per il proporzionale. Salvini? Fino a poco tempo fa era favorevole al maggioritario, ma ora sembra voglia correre da solo e abbandonare la Meloni. Sarebbe la fine del centrodestra. In conclusione, come spesso avviene, i cittadini si disinteressano di temi rilevanti, consentendo alla politica politicante di fare il proprio gioco. Vale la considerazione per cui se tu non ti interessi di politica, è la politica che si occupa di te (a tua insaputa).
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