Dunque, il malessere del cittadino americano era più diffuso e profondo di quanto emergeva dai sondaggi.
Gli USA, lo si sapeva da tempo, non sono affatto solamente New York, San Francisco e Los Angeles.
Inoltre, come in tutte le democrazie rappresentative, “uno vale uno”, per cui il voto del docente di Harvard conta quanto quello del camionista dell’Ohio.
Fra la continuità promessa da Clinton ed il cambiamento enunciato da Trump è stato scelto quest’ultimo.
Ma non c’è dubbio che si sia trattato di un voto altamente irrazionale, la cui valenza politica di destra non deve assolutamente sottaciuta.
E ora?
Il neofita Trump dovrà fare i conti con problemi giganteschi, interni ed esterni, per i quali non appare minimamente preparato.
Ma anche il resto del mondo dovrà affrontare sfide gigantesche, sapendo di non poter più contare sul tradizionale ombrello americano, essendo scontato un rigurgito isolazionista da parte della prima potenza mondiale.
In Europa, in particolare, le prime verifiche sono alle porte: in Austria entro l’anno, in Francia nel prossimo futuro.
In Italia, il referendum del 4 dicembre subirà ulteriori colorature politiche; in particolare il movimento 5 Stelle, Berlusconi, Salvini and company si porranno come alternativa a Renzi, non tanto sul tema specifico per cui gli italiani saranno chiamati al voto, quanto sull’aspetto più generale del futuro politico del nostro paese.
L’insidiosa domanda che verrà posta a tutti noi sarà “Se persino gli USA hanno avuto il coraggio di scegliere uno come Trump, perchè dovremmo tenerci Renzi?”
La mia personale risposta è che occorre battersi per arrestare la deriva egoista, populista, di destra, privilegiando, come ha detto ancora in questi giorni Papa Francesco, le persone rispetto alle banche.
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