Giovedì 8 settembre è una data che non dimenticherò facilmente. Presso la biblioteca “Gino Pallotta” di Fregene ho presentato il mio terzo volume – Servitore dell’interesse pubblico. Lettere 1937-1989 (Aragno, 2016) – dedicato a Paolo Baffi, economista di rango, studioso (cooptato nell’Accademia dei Lincei, dove conobbe Arturo Carlo Jemolo, il cui carteggio – Anni del disincanto – è tutto da leggere), uomo d’azione, una carriera tutta in Banca d’Italia dal 1936 fino al “quinquennio di fuoco” 1975-1979, da governatore.
Dopo l’indirizzo di saluto della presidente della Biblioteca, Marina Pallotta, la parola passa al presidente Giorgio Napolitano, il quale non solo ha letto attentamente il volume, ma ha conosciuto direttamente Baffi, con il quale – da responsabile economico del Partito Comunista Italiano negli anni Settanta – ha avuto modo di confrontarsi.
Napolitano si concentra sulla storia del PCI, che spesso, preda dell’ideologia, perse di vista la logica economica. Nel mio volume si legge: “Con continui e indifferenziati «no» alle proposte di modernizzazione il PCI faceva toccare con mano la propria inadeguatezza a padroneggiare i problemi concreti con soluzioni idonee a un paese industriale. Baffi auspicava l’uscita dal ghetto dell’intellighenzia di sinistra, danneggiata dalla democrazia bloccata, frutto del «bipartitismo imperfetto», spiegato analiticamente da Giorgio Galli.
Il carteggio tra Paolo Baffi e Giorgio Napolitano ci offre diversi spunti. Il 16 ottobre 1979 Baffi scrive a Napolitano che «il partito è impegnato, grazie anche a Lei, in una nuova e difficile esperienza». Dieci anni più tardi, il 17 aprile 1989, dopo la svolta del marzo 1989 (la Bolognina) Baffi riporta a Napolitano il suo pensiero: «Seguo con interesse il vostro travaglio, auspicando un esito che ricuperi pienamente alla società italiana ed europea tante forze intellettuali e morali oggi quasi ghettizzate (e il vuoto si sente)».
Napolitano chiarisce: «Credo si possa dire che il punto di vista di Baffi fosse rappresentativo di una consistente area di opinione, sempre più acutamente consapevole della necessità di un effettivo superamento di quella condizione di democrazia bloccata che ha prodotto guasti così profondi, che ha condotto sull’orlo di un allarmante immiserimento e di una grave degenerazione del sistema politico e della gestione dello Stato, che ha “quasi ghettizzato tante energie intellettuali e morali”.
In un suo intervento del 2013 presso l’UniversitàBocconi, in occasione del ricordo di Luigi Spaventa, Napolitano disse riprendendo Franco Debenedetti: “Spaventa contribuì come nessun altro a liberare la sinistra italiana”, suggerendole strumenti concettuali più avanzati per l’analisi e il governo delle economie di mercato”.
Napolitano, politico di razza, è andato a ritrovare un intervento del 1993 di Paul Volker, governatore della Federal Reserve dal 1979 al 1987, in cui – nel centenario della nascita della Banca d’Italia – rimarcò quanto fosse importante avere una banca centrale indipendente dal potere politico e al contempo disposta a rendicontare il proprio operato all’opinione pubblica. E’ lo stesso pensiero di Baffi, propugnatore della “battaglia della persuasione” con tutti gli stakeholder coinvolti.
Fregene si trova a Fiumicino, a due passi dall’aeroporto, a un’ora da Roma, città in mano a Movimento 5 Stelle, che ha portato al Campidoglio Virginia Raggi, una persona clamorosamente inadeguata al ruolo, incompetente ed arrogante.
Napolitano non fa nomi, ma depreca la demagogia, il qualunquismo, base ideologica dei grillini, per i quali “uno vale uno”. Rifacendosi a Rousseau e al “mito del buon selvaggio”, tutti siamo uguali. Ma quando? Baffi, Spaventa e Napolitano valgono 1000 a confronto con Di Maio, Raggi e Di Battista.
Al termine del suo intervento, il presidente Napolitano si commuove nel considerare Baffi una delle persone per il quale ha avuto il maggior rispetto nella sua vita. Come all’università Bocconi nel settembre 2013 quando Napolitano ricordò Luigi Spaventa, economista di rango con il quale lo stesso Baffi intrattenne un carteggio che magari un giorno meriterebbe la pubblicazione integrale: “Quanto più tu abbia la ventura di inoltrarti, in età avanzata, nel tuo percorso di vita, tanto più avverti il vuoto di quelle che sono state presenze assai care, venute meno via via nel corso degli anni : e finisci per avere quasi il senso del dissolversi del tuo mondo come sfera di affetti radicati e di comunanze essenziali. E quel che allora può soccorrerti è il ricordo che ridiventa vita come qui oggi, è il sentire vicine figure, storie, pensieri che ancora possono accompagnarti. Per me la figura, come poche altre, di Luigi Spaventa”.
Salvatore Rossi, direttore generale della Banca d’Italia, esordisce a braccio dicendo che il volume è molto ben scritto, come non mancano i riferimenti nelle numerose note: “Paolo Baffi non è stato solo governatore (1975-1979), ma un servitore dello Stato e della Banca d’Italia fin dal 1936″.
Io avrei tante cose da dire, ma mi limito a due considerazioni:
- Baffi deve essere riscoperto, non lo conosce nessuno. E’ un gigante, un vero padre della patria. Se non avesse scritto il rapporto Jacobsson nel giugno 1947 con il capo della ricerca economica della Banca dei Regolamenti Internazionali, non si sarebbero riaperte le vie del credito internazionale;
- Baffi è di una lucidità sorprendente. Nel giugno 1989, grazie alla letture delle tavole demografiche, fece un quadro dell’immigrazione in arrivo nel primo quarto del prossimo secolo, ossia oggi 2000/2025. Leggete un po’ qui: “Le grosse coorti di nati nel ventennio 1945-1965 toccheranno l’età della pensione nel primo quarto del prossimo secolo. In quel torno di tempo, sia l’indice di vecchiaia (vecchi/giovani) sia l’indice di dipendenza degli anziani (vecchi/adulti) della popolazione europea segneranno purtroppo una nuova impennata. […] Gli equilibri di mercato non soffriranno dunque di un effetto di domanda, bensì di una possibile carenza di offerta del fattore produttivo lavoro. In una condizione siffatta, l’immigrazione si presenterà come un meccanismo riequilibrante, un innesto naturale che sarà attivato dalle chiamate delle imprese produttive (e delle stesse famiglie)”. Senza gli immigrati presenti nelle nostre industrie e senza le badanti filippine per i nostri nonni dove andremmo a piangere?
Sono le 19.30, ringrazio dell’accoglienza, dell’ascolto attento le 200 persone venute a sentirmi. La moglie del governatore, Alessandra, mi abbraccia, anche lei commossa, decisamente soddisfatta, come i figli Giuseppina ed Enrico. La memoria del governatore Baffi, di cui non si sentiva più parlare, è tornata a illuminare il presente. Onore, meritato, a chi ha riportato all’attenzione dell’opinione pubblica un personaggio straordinario.
APE
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