Un articolo scritto dal Presidente Beniamino A. Piccone per la Gazzetta del Mezzogiorno.
Draghi sarà il nostro “scossone violento”?
L’intervento al Senato del presidente del Consiglio Mario Draghi è stato breve, ficcante e incisivo. Sono stati diversi i punti toccati. In particolare ne sottolineo quattro:
- “Siamo consci dell’insegnamento di Cavour: «…le riforme compiute a tempo, invece di indebolire l’autorità, la rafforzano». Non si contano le volte in cui Draghi, in qualità di governatore della Banca Centrale europea, abbia rimarcato l’importanza delle riforme strutturali. E infatti, in un passaggio chiave ha sottolineato che i denari dell’Unione europea arriveranno solo in cambio di riforme, che devono, una volta tanto, rivolgersi ai giovani e alle donne (nominati ben 9 e 10 volte), il cui tasso di partecipazione al mercato del lavoro, è tra i più bassi d’Europa;
- “Non c’è sovranità nella solitudine. C’è solo l’inganno di ciò che siamo, nell’oblio di ciò che siamo stati e nella negazione di quello che potremmo essere”. Si dimentica che l’Italia è uno dei Paesi fondatori dell’Unione europea, il cui battesimo si tenne a Roma nel 1957. “Sostenere questo governo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro, significa condividere la prospettiva di un’Unione Europea sempre più integrata che approderà a un bilancio pubblico comune capace di sostenere i Paesi nei periodi di recessione”. Draghi – nel ribattere ai sovranisti “de’ noantri” che senza l’euro saremmo nel più completo sbandamento – si farà portatore di un ampliamento delle risorse presenti nel bilancio pubblico europeo. Qui il riferimento nascosto è alla “zoppìa” di Carlo Azeglio Ciampi, che così definì l’assenza di una politica fiscale europea, a cui si contrapponeva invece in modo favorevole una politica monetaria condivisa;
- “Il governo dovrà proteggere i lavoratori, tutti i lavoratori, ma sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche. Alcune dovranno cambiare, anche radicalmente. E la scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi mesi”. Il presidente del Consiglio tocca un punto nodale. Cosa ne dobbiamo fare delle imprese non in grado di competere, poco aperte alla concorrenza internazionale? Gli italiani sono pronti a rinunciare al vecchio per il nuovo? I sindacati sono disposti a perdere potere? La politica vorrà finalmente dotarsi di politiche attive degne di questo nome? Il presidente dell’Anpal (Agenzia nazionale per le politiche attive per il lavoro) Mimmo Parisi, paracadutato dal Mississipi, è disposto a darsi da fare? Legato a questo tema c’è sicuramente il rilievo dato da Draghi alla forza positiva della concorrenza, forza motrice dell’innovazione: “Chiederò all’Autorità garante per la concorrenza e il mercato, di produrre in tempi brevi come previsto dalla Legge Annuale sulla Concorrenza (Legge 23 luglio 2009, n. 99) le sue proposte in questo campo”. Più concorrenza significa imprese più forti, dotate di anticorpi che le rendono robuste e pronte per gli agguerriti mercati internazionali.
- “Sviluppare (nel Mezzogiorno, ndr) la capacità di attrarre investimenti privati nazionali e internazionali è essenziale per generare reddito, creare lavoro, investire il declino demografico e lo spopolamento delle aree interne. Ma per raggiungere questo obiettivo occorre creare un ambiente dove legalità e sicurezza siano sempre garantite”. Non poteva mancare un riferimento al Sud Italia, le cui classi dirigenti devono lavorare alacremente per garantire un contesto dove l’impresa sia favorita nella sua attività, dove legalità e sicurezza siano presenti. E qui le chiacchiere stanno a zero.
Come ha recentemente sottolineato l’avvocato antifascista novantenne comasco Guido Vestuti “L’Italia è un Paese immobile, dove ogni problema diventa una tragedia, ma senza Shakespeare”. I problemi ci sono, ma dobbiamo saperli affrontare con decisione. Nell’agosto 1988, un anno prima di morire, il già governatore della Banca d’Italia Paolo Baffi – tra i massimi riferimenti di Draghi – si interrogava in una lettera al suo predecessore Guido Carli, se “sarà uno scossone violento, quello che scuoterà un giorno il Paese dal suo torpore”. Ci viene da sperare che lo scossone sia costituito da Mario Draghi e dalla sua compagine ministeriale.
Lascia un commento