Una riflessione scritta dal Presidente Beniamino A. Piccone per Momento Finanza .
Nel mezzo dell’estate è venuto a mancare Angelo Zegna, formidabile protagonista dell’industria italiana del tessile e abbigliamento. Figlio del fondatore Ermenegildo, che nel 1910 diede vita a Trivero nel Biellese, Angelo Zegna ha saputo nel tempo sviluppare l’azienda nel nome di principi e valori imprenditoriali che non perdono importanza nel tempo. Anzi.
Come ha ricordato Marco Vitale, per lungo tempo consigliere indipendente del gruppo Zegna, Angelo aveva una concezione chiara dell’impresa che deve avere una vita propria, essere considerata un soggetto terzo, indipendente dalla famiglia, che, però, si deve far carico di questioni decisive:
- stabilire dei principi guida per il passaggio generazionale: non tutti i membri della famiglia sono in grado di avere ruoli esecutivi. Il management non deve essere necessariamente familiare, deve contare il merito, l’esperienza, la capacità di decidere in modo illuminato;
- deve guardare al di là della siepe leopardiana. Angelo Zegna aprì i primi negozi monomarca in Cina, all’interno dei pochi alberghi di lusso, alla fine degli anni Ottanta, quando il drago cinese era ben poca cosa;
- considerare l’azienda un bene comune “affidato alla famiglia proprietaria che ha la responsabilità di proteggerlo e trasferirlo più forte e più solido alle nuove generazioni” (Vitale, cit.);
- Non deve escludere la via del mercato finanziario, che può rappresentare un volano di crescita. Proprio qualche mese fa, la famiglia Zegna ha firmato un accordo con il private equity Investindustrial, guidata da Andrea Bonomi, che prevede lo sbarco dell’azienda al New York Stock Exchange tramite un’operazione complessa che vedrà la fusione tra un veicolo finanziario ad hoc (una SPAC, Special Purpose Acquisition Company, chiamata Iiac, InvestIndustrial Acquisition Corporation) quotata nel novembre scorso e Ermenegildo Zegna, valorizzata 2,5 miliardi di dollari. La Spac in sostanza agevola lo sbarco sul mercato di un’impresa, senza sottoporla allo scrutinio preliminare delle autorità di vigilanza.
La famiglia Zegna resterà azionista di maggioranza con il 62% delle azioni con l’obiettivo di far entrare in azienda risorse fresche necessarie per rimanere competitivi in un mercato sempre più dominato dai due colossi del lusso francesi, LVMH – che otto anni fa rilevò Loro Piana – e Kering (che detiene marchi come Gucci, Yves Saint Laurent e Balenciaga).
Nel 2018 Zegna ha concluso un accordo oneroso per rilevare il marchio Thom Browne, pagandolo 500 milioni di dollari. Per proseguire con ulteriori acquisizioni servono ulteriori mezzi propri. Il debito non è nelle corde della famiglia biellese, per cui ha avuto senso cedere alle lusinghe dei mercati finanziari, che consentono di trasformare in bene negoziabile un’azione non quotata.
Nel 2021 Zegna fatturerà circa 1,2 miliardi di euro. Grazie ai valori di impresa trasmessi dal fondatore Ermenegildo e da suo figlio Angelo, non dubitiamo che la Zegna abbia la possibilità di bissare i successi di Francois Pinault (con oltre 50 miliardi di dollari di patrimonio) e Bernard Arnault (177 miliardi di dollari). I soldi veri si fanno con la crescita delle imprese, non con altro. Nel lungo termine, grazie a creatività, passione, eleganza, mercati finanziari, crescita internazionale, passione, management all’altezza, qualità del prodotto.
Lascia un commento