Cari amici e amiche,
il 21 ottobre scorso Sabino Cassese sul Corriere della Sera, in un editoriale “Sfiduciare la Banca d’Italia un veleno per le istituzioni”, http://www.corriere.it/opinioni/17_ottobre_21/sfiduciare-l-banca-d-italia-19360582-b5c6-11e7-8b79-fd2501a89a96.shtml criticava la mozione parlamentare del Pd, critica verso la Vigilanza della Banca d’Italia.
Nel chiudere il suo articolo, il prof. Cassese ritornava sul caso Baffi-Sarcinelli del marzo 1979, ma a sproposito. Mentre la Banca d’Italia oggi viene criticata per una vigilanza titubante, Baffi e Sarcinelli allora vennero presi di mira, attaccati, incriminati e defenestrati (Sarcinelli addirittura arrestato) percheè vigilavano troppo bene e con incisività.
Sono tornato sulle mie amate Carte Baffi e ho trovato che in quegli anni Sabino Cassese non aveva capito quasi nulla. Ho quindi preso carta e penna e ho scritto al direttore del Corriere della Sera chiedendo di essere pubblicato.
Caro direttore,
Nell’editoriale Un veleno nelle istituzioni del 21 ottobre sul Corriere della Sera Sabino Cassese ricorda l’attacco giudiziario alla Banca d’Italia del 1979 con queste parole: “L’indiretta mozione di sfiducia nell’istituzione Banca d’Italia…rappresenta per essa una ferita persino maggiore di quella inferta nel marzo 1979 da una iniziativa di Andreotti e della Procura della Repubblica”.
Vorrei aggiungere, al fine di rinverdire la memoria dei fatti, che in quegli anni il prof. Cassese non capì in alcun modo il cambio di passo nella politica di Vigilanza adottata da Paolo Baffi e Mario Sarcinelli, segnando una forte discontinuità con il governatorato di Guido Carli.
Infatti in un articolo sull’Espresso del 20 agosto 1978 – A via Nazionale il burocrate grida: ho vinto! – Cassese accusò la Banca d’Italia di non collaborare col sistema politico-amministrativo e di formalismo, poichè, a suo dire, la Banca d’Italia eccedeva – a seguito delle ispezioni nelle banche vigilate – nelle denunce alla magistratura. Così Cassese: “Nel 1975, queste [denunce, ndr] furono 67; nel 1976, 117; nel 1977, 59. Per gli anni che precedono [con Carli governatore, ndr], …si ha ragione di ritenere che il fenomeno fosse sconosciuto negli anni 1960 e fosse inferiore a poche decine dal 1970 al 1975…Ci si chiede se la Banca d’Italia non possa prevenire i reati [chissà cosa penserebbe di questa affermazione Ignazio Visco oggi, ndr]: essa deve indirizzare e governare il credito, non agire come una Procura della Repubblica o la Corte dei Conti del sistema creditizio”. Cassese non comprese l’importanza vitale delle ispezioni in loco, decisive per scoprire il malaffare. Sono state proprio le ispezioni all’Italcasse di Arcaini dell’agosto 1977 e al Banco Ambrosiano di Calvi nel 1978 – oltre alla contrarietà al salvataggio-papocchio della Banca Privata di Michele Sindona – a segnare – purtroppo – la fine del “duo inafferrabile” Baffi- Sarcinelli.
Non è un caso che Donato Masciandaro del Centro Carefin Baffi della Bocconi abbia definito Baffi il “Governatore della Vigilanza”. Fu proprio il cambio di rotta nelle politiche di Vigilanza che indusse la politica a reagire servendosi della peggiore magistratura romana (altro che “porto delle nebbie”, meglio definirlo “porto delle follie”). Lo storico Alfredo Gigliobianco scrive: “Baffi, insieme con Sarcinelli, contrastò i fenomeni degenerativi che si manifestavano in quegli anni, usando anche con efficacia e senza timori reverenziali lo strumento delle ispezioni”.
Cassese chiuse il suo ragionamento nell’agosto ’78 chiedendosi se la Banca d’Italia sia “passata all’opposizione”. Intanto Baffi, ferito da Cassese, era già sotto indagine fin dal 7 aprile 1978, inizio del fantomatico “disegno criminoso”.
Con viva cordialità
Beniamino A. Piccone
Curatore del volume di Paolo Baffi, Servitore dell’interesse pubblico, Nino Aragno editore, 2016.
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