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Il sogno di Davos, di Pippo Amoroso

E’ martedì 17 gennaio.

A Davos parte la sessione annuale del World Economic Forum.

Nella suite presidenziale siedono gli 8 uomini più ricchi del mondo.

Sei sono americani: Bill Gates, Warren Buffett, Jeff Bezos ( Amazon), Mark Zuckerberg (Facebook), Larry Ellison (Oracle) e Michael Blomberg, uno spagnolo (Amancio Ortega – Zara) e uno messicano (Carlos Slim Helu – tycoon delle telecomunicazioni).

La loro ricchezza complessiva è pari a quella di 3,6 miliardi di persone, la metà della popolazione mondiale.

“Non vi sembra troppo?” – domando loro.

“E’ il mercato, bellezza” – mi risponde uno di loro.

“Eh, no! E’ l’effetto dell’elusione fiscale (vedi Apple, Trump e tanti altri) e delle leggi ad hoc che le vostre lobbies hanno fatto approvare negli Usa e negli altri paesi in cui operate”.

“Attenti ad attaccarci…Siamo noi il motore dell’economia globale; se ci fermate, non ci sarà lavoro….”

“Ma il lavoro scarseggia già oggi; se si va avanti così, chi potrà più comprare i vostri prodotti?”

“Lei vuol dire che sarebbe nostro interesse ridurre le disuguaglianze?”

“Proprio così; solo due anni fa occorreva sommare i redditi degli 85 uomini più ricchi del mondo per pareggiare quella della metà della popolazione mondiale; ora siamo scesi a 8; un top manager di grande corporation americana guadagna trecento volte di più di un suo dipendente medio; se non si inverte la tendenza, la crisi globale innescata dai “subprimes” non si risolverà mai”

“E lei cosa propone?”

“Anzitutto che paghiate le tasse, come facciamo tutti noi persone normali; poi che riprendiate ad investire gli utili nelle vostre imprese, invece di trasferirli nei vostri conti personali nei vari paradisi fiscali”

Li scruto in volto uno per uno.

Forse mi illudo, ma credo di scorgere cenni di consenso in Bill Gates e Warren Buffett.

A questo punto, rinfrancato, mi accingo ad approfondire la questione e…..mi sveglio di colpo.

Peccato, era un sogno bellissimo.

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