Un articolo scritto dal Presidente Beniamino Andrea Piccone con il Prof. Marco Ponti per il nuovo giornale “Il DOMANI”, creatura ideata da Carlo De Benedetti, questa riflessione incentrata sulla necessità di avere un sistema finanziario non incentrato solo sulle banche.
Sistema finanziario e competitività: l’Europa bancocentrica svantaggiata nel secolo di Schumpeter
- Il sistema finanziario europeo, e italiano in particolare, è lo specchio fedele di un modello industriale (e culturale) poco propenso al rischio e all’innovazione. Ma il nuovo scenario che la pandemia ci lascia, con i suoi elevati livelli di indebitamento, postula una accelerazione della crescita che mal si concilia con questo modello statico
- Il modello statunitense “mercato-centrico” assicura maggiori informazioni a tutti gli stakeholders, e un sistema di incentivi e disincentivi molto più rapidi ed efficaci: il ruolo di “residual claimant” spesso esercitato dalle banche italiane tende a perpetuare crisi aziendali
- Certo un modello finanziario mercato-centrico espone gli imprenditori a maggiori rischi di perdita del capitale, ma è proprio il rischio fattore irrinunciabile dello spirito imprenditoriale, ed anche “motore” di un capitalismo che intenda guardare più ai profitti che alle rendite
Il sistema finanziario è l’insieme organizzato di mercati, intermediari, e strumenti finanziari. Rappresenta la struttura attraverso cui si svolge l’attività finanziaria, ossia la produzione e l’offerta di servizi finanziari. Naturalmente, data la natura dell’attività svolta, il funzionamento di questo sistema avviene in un contesto di regole e controlli, assicurati dalla presenza delle autorità di vigilanza.
In Italia l’importanza del sistema finanziario nello sviluppo economico è certamente sottostimata. Si parla spesso di economia reale, ma senza una buona funzionalità finanziaria, di un buon sistema idraulico (la finanza può essere vista come il sistema cardiocircolatorio), l’economia si ferma, o rallenta il passo.
Come hanno scritto i maestri della materia, Giancarlo Forestieri e Paolo Mottura, “il sistema finanziario è una struttura fondamentale dell’economia reale poiché ne migliora sostanzialmente il funzionamento, l’efficienza e in definitiva la capacità di produrre ricchezza”. Se il sistema finanziario non è efficiente, la competitività del sistema industriale ne risente. Infatti nel sistema finanziario si svolgono funzioni chiave come il processo di trasferimento delle risorse finanziarie da mercati e intermediari alle imprese, di accumulazione del risparmio, di finanziamento degli investimenti, di continuo aggiustamento delle strutture finanziarie dei soggetti dell’economia in funzione delle rispettive preferenze e obiettivi.
La storia del sistema finanziario italiano, come di quello europeo continentale, è quella di un sistema finanziario fortemente ancorato sui circuiti di intermediazione bancaria e quindi definito “bancocentrico”, al contrario dei sistemi finanziari anglosassoni, concentrati sui mercati finanziari, e quindi definiti “mercato-centrici”.
Se l’efficienza informativa è la capacità di assorbire immediatamente tutta l’informazione disponibile, i mercati finanziari ben regolati hanno dimostrato di funzionare meglio degli istituti di credito, costretti ad agire in modo lento, farraginoso, e impossibilitati a chiudere i rubinetti all’impresa sconfitta nell’arena competitiva. Se la fase successiva al finanziamento consiste nel monitoraggio della bontà del credito e della verifica della competitività aziendale (oltre che della solidità della garanzia, se presente), nel vegliare sulla meritocrazia in azienda, abbiamo visto come le banche – una volta deciso di ridurre i finanziamenti – non possano uscire velocemente dai settori sconfitti dalla “disruption” tecnologica. Come fa una banca, una volta finanziata un’impresa che produce macchine da cucire, chiudere i cordoni della borsa pena la perdita totale del credito? Una volta presa consapevolezza della crisi incipiente del settore (gli analisti settoriali esistono ancora nel settore bancario?), come può una banca tagliare il ramo sul quale è seduta? E questo fenomeno in Italia è particolarmente accentuato nei confronti del pletorico e poco innovativo settore immobiliare, tema su cui torneremo in una specifica nota.
In un sistema mercato-centrico, un’impresa per finanziarsi emette tipicamente obbligazioni sul mercato, che sono nella pancia di fondi di investimento, SICAV, gestioni patrimoniali, fondi pensione. E il mercato – ed è questa la sua forza – vigila tutti i santi giorni sull’andamento delle imprese emittenti. Fior fior di analisti guardano numeri, bilanci, corporate governance, funzionamento del consiglio di amministrazione, strategie, validità dei manager. Svolgono la funzione di sorveglianti, ossia sono “bond vigilantes”. Al primo dubbio, scaricano i titoli sul mercato, impattando sul prezzo, che è quindi un ottimo segnalatore – in presenza di efficienza informativa – della posizione competitiva dell’azienda. Se l’impresa inizia ad andar male, sono gli investitori, per lo più consapevoli, che subiscono la perdita e ne pagano le conseguenze. Nei mercati bancocentrici, le perdite le prendono le banche, che si caricano di “sofferenze”, alias “non performing loans” (NPL), che poi per lungo tempo minano il patrimonio minimo prescritto dalla vigilanza, impedendo alle banche stesse (in presenza di insufficienti requisiti patrimoniali) di finanziare altre imprese. Si genera un circolo vizioso, e la ripresa economica successiva ne risente, poiché l’accesso al credito diventa più difficile.
La crisi, tutta finanziaria, dei “subprime” del 2008 (che poi si è estesa all’economia reale) non a caso ha avuto come principale motore il sistema bancario, che, per avidità (vedasi le Landesbanken tedesche e le solitamente prudenti banche svizzere) ha comperato a man bassa titoli cartolarizzati, il cui sottostante erano debiti dei consumatori americani, spesso NINJA (cioè caratterizzati da No Income, No Asset, No Job), sui quali le agenzie di rating hanno la loro parte di responsabilità.
Non c’è dubbio che un sistema finanziario bancocentrico funzioni bene in un clima economico stabile, dove non sopravvengono innovazioni tale da modificare l’intero assetto competitivo. Se, al temine della sua vita, Joseph Schumpeter, pensava di aver sbagliato tutto, oggi possiamo dire con ragionevole certezza che il XXI è il secolo di Schumpeter: le innovazioni, l’information technology, la globalizzazione spinta hanno sconvolto i parametri consolidati del fare impresa.
Questa “accelerazione schumpeteriana” ha certo radici tecnologiche importanti, con l’avvento della rivoluzione informatica, ma è indotta anche da fenomeni più inquietanti, come la crisi sanitaria mondiale, le migrazioni di massa, e la crisi ambientale che pone vincoli rilevanti al modello energetico del passato. Quindi si presenta in parte come necessità di risposte innovative a shock esogeni al sistema passato.
In questo nuovo contesto, sembra urgente metter mano anche al “sistema idraulico” dell’economia costituito da un sistema finanziario incentrato sulle banche, spostandolo verso un modello che sostenga l’innovazione e la competitività anziché frenarle. Ne avremo davvero molto bisogno, se non vogliamo ripetere dopo la crisi sanitaria, la stasi dell’ultimo ventennio.
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